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22/05/2012

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Storia: Contro D�Annunzio propugnatore dell�impresa fiumana una schiera di perbenisti della politica e di conformisti dell�Italia

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Contro d�Annunzio propugnatore dell�impresa fiumana una schiera di perbenisti della politica e di conformisti dell�Italia

QUELLE CANNONATE CONTRO IL VATE

Ho l�orrore della fatica immobile, della penna, dell�inchiostro, della carta, di tutte queste cose divenute oggi vane. Io sono un letterato in papalina e pantofole. Il pericolo � il solo dio lampeggiante a cui mi piace di consacrare la mia poesia inespressa. E� pi� facile custodire il vento che me�. A parlare � Gabriele d�Annunzio nei giorni precedenti la battaglia di Vittorio Veneto. Nell�animo del Poeta, la cui fama era all�apice non soltanto in Europa e non soltanto per il suo genio letterario, ma anche per le sue memorabili imprese di guerra, traspare una profonda irrequietezza. Egli gi� medita un�azione clamorosa per riportare Fiume, il Carnaro e la Dalmazia all�Italia. Nel suo spirito cova risentimento e astio nei confronti del presidente americano Woodrow Wilson, il �falso profeta� che, invece, negava Fiume all�Italia e disconosceva il Patto di Londra che sanciva ampie frontiere agli italiani. Wilson non amava gl�italiani e non perdeva occasione per osteggiarli pubblicamente o in privato. E l�America era con il suo presidente, poich� di l� a poco tempo, avrebbe �giustiziato� in un clima di ostilit� inammissibile, Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti, definiti dalla stampa americana la �feccia del mondo�. Il Vate progettava un intervento per riannettere Fiume all�Italia, e sulla scia dell�entusiasmo per la straordinaria vittoria contro il potente esercito austro-ungarico, disgregato dal coraggio e dall�ardore dei soldati italiani, egli calamit� lo spirito dei soldati italiani di tutte le armi e di tutti i reparti, i quali, al suo richiamo, accorsero a migliaia per sostenere l�intento del Poeta. In poche settimane giunsero a Fiume una schiera di �legionari� pronti a eseguire gli ordini del loro rivoluzionario comandante. La storia della vicenda di Fiume � una delle pagine pi� alte mai scritte, un avvenimento che ha esaltato l�emisfero latente della coscienza nazionale, lo stesso che ha dato impulso e vitalit� alla vittoria nella prima guerra mondiale. Ma � stata regolarmente e inspiegabilmente snobbata, perfino ignorata, dalla storiografia �aulica�. Il prestigio di d�Annunzio, il suo straordinario carisma, il calore delle sue parole e lo spregio che manifestava contro il pericolo e contro la morte stessa, si diffondevano in ogni dove, facendo proseliti, seguaci, ammiratori. La sua popolarit� cresceva a dismisura di giorno in giorno, ma egli si trov� a dover fare i conti con l�irritazione e l�avversione dei potenti, compresi gl�italiani, che non ammettevano l�autonomia e lo scapigliato eroismo di d�Annunzio. Erano i perbenisti della politica, i beceri conformisti dell�Italia vittoriosa ad avversare la volont� e gli scopi del Vate. Nel libro �D�Annunzio, il poeta armato� di Antonio Spinosa, l�autore ha gettato nuova luce sulla vicenda fiumana all�indomani della scoperta di nuovi e inediti documenti conservati negli archivi del Vittoriale di Gardone Riviera. Il libro pi� che il racconto di una vicenda � uno straordinario e coinvolgente affresco. Mentre lottava per conseguire il suo obiettivo di ricongiungere Fiume, tutto il Carnaro e la Dalmazia all�Italia, d�Annunzio e i suoi fidi luogotenenti, dovevano fronteggiare le minacce dei lucumoni della politica nazionale. Non trascorreva giorno senza che dall�Italia non giungesse una minaccia velata, un�espressione di dispregio, un�eco di dissenso, una manifestazione di ostilit�. D�Annunzio arringava, ammoniva, puntava l�indice contro gl�ingannatori occulti, affacciandosi al balcone pretoriano del Palazzo del Governo di Fiume, sede del suo stato maggiore. Non ammetteva che l�impresa dovesse fallire dopo tanto ardore e ambizione, neanche quando nelle acque del Carnaro, all�alba del 1 dicembre 1920, sopraggiunsero due corazzate, otto cacciatorpediniere e tre rimorchiatori italiani. Ma quando, il 26 dicembre, per ordine di Giolitti (beffardamente chiamato Palamidone), dalla regia corazzata Andrea Doria, partirono due cannonate da 152, una delle quali colp� in pieno la finestra dello studio di d�Annunzio, che rimase leggermente ferito alla testa dai calcinacci, il Poeta decise di lasciare Fiume e di rinunciare definitivamente al progetto di riannessione all�Italia. Prima di ritirarsi nel suo �esilio� al Vittoriale di Gardone Riviera, Gabriele d�Annunzio disse: �..Avevo preparato la mia anima a morire e dentro di me il sacrificio era compiuto. Ma dopo le cannonate fratricide, ho capito che questa Italia non valeva tanto�. Nitti, dal canto suo, ironizz� beffardamente, ricordando come il motto dannunziano fosse stato: �Fiume o morte�, fu spietato nel suo commento: �Eccoci alla comica finale: n� Fiume n� morte�, ignorando colpevolmente il sacrificio di tanti �legionari� che per Fiume dettero la loro vita come le migliaia e migliaia di soldati caduti sul fronte del Piave.

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